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mercoledì 19 febbraio 2014

Guerra civile in Venezuela, ma nessuno sembra accorgersene

Bassil Alejandro Dacosta (24 anni), Neyder Arellano (23 anni), Robert José Redman Orozco (28 anni) e Juan Montoya (40 anni). Sono le quattro vittime delle violenze esplose in tutto il Venezuela il 12 febbraio scorso. Centinaia di migliaia di persone si sono unite agli studenti che nel giorno della Gioventù sono scesi in piazza per chiedere la fine della povertà, la fine degli stenti, la fine della violenza e della "criminalità di Stato". Insomma, la fine del governo del presidente Nicolas Maduro, ex autista e delfino di Hugo Chavez. Ma Maduro, ribattezzato Maburro (asino) dai manifestanti, ha ordinato la repressione feroce dei manifestanti.
In Venezuela c'è la censura, ma tramite i social network le informazioni da Caracas (e non solo) arrivano in tutto il mondo.

Dal 12 febbraio scorso in Venezuela va in scena la guerra civile, ma nessuno nel resto del mondo sembra accorgersene. Nella giornata della Gioventù, migliaia di studenti sono scesi in piazza per chiedere la fine del governo di Nicolas Maduro, l'ex autista del defunto presidente Chavez che oggi parla con un uccellino che sostiene trasmettere il verbo dell'ex leader venezuelano. Erano armati di striscioni e altoparlanti per gridare i loro slogan e la loro rabbia. Ma la polizia aveva fucili, pistole e manganelli e li ha usati tutti.
Il risultato sono quattro ragazzi morti, centinaia di feriti e quasi cento arresti in tutto il Paese. Ma non è finita qui. Perché su Twitter e Facebook (#Sosvenezuela e Indignados de Venezuela )rimbalzano foto e racconti raccapriccianti di studenti e oppositori brutalmente picchiati e torturati. Lo stesso presidente Nicolas Maduro ha annunciato che farà "pulizia" di oppositori, tutti accusati (come nella migliore delle tradizioni chaviste) di essere al soldo degli Stati Uniti d'America.
In tanti oggi si chiedono stupiti come mai il Venezuela si trovi sul fondo della lista dei Paesi più poveri dell'America Latina, quando è ricco di risorse naturali e di ogni ben di dio. Come scrive Rossana Miranda (venezuelana) su Formiche.net, "la produzione di petrolio nel 2013 è arrivata a 2.759 milioni di barili al giorno, venduti a quasi 100 euro l'uno, ma l'economia venezuelana si sta sgretolando".
Il Paese di Simon Bolivar importa quasi l'80% dei prodotti per il mercato interno dall'estero e ha un'inflazione tra le più alte del mondo, oltre il 56%, tanto da battersela con l'Argentina di Cristina Fernandez de Kirchner, storia alleata e amica del cuore del defunto Hugo Chavez. E non è un caso nemmeno questo, perché in economia (come in tutto il resto) il caso non esiste.
Oggi in Venezuela migliaia di persone stanno manifestando contro il loro presidente che reprime l'opposizione nel sangue, ma il mondo sembra disinteressarsene. Perché? "Questo silenzio sulla situazione in Venezuela è dovuto alla censura governativa", racconta a Panorama.it Cono Carrano, un ragazzo venezuelano che vive e lavora in Italia. "Sono state oscurate tutte le televisioni private. Se la gente si sintonizza sui canali di Stato trasmettono telenovelas e discorsi del presidente, ma non c'è alcun accenno ai morti di Caracas e alla feroce repressione di Maduro".
Maburro, così viene chiamato il presidente venezuelano, delfino e autista di Chavez. Ma non è un nomignolo dolce. Burro in spagnolo significa asino. E questa è l'accusa che viene fatta a Maduro, l'uomo che non capisce nulla di economia e politica, e che segue pedissequamente le indicazioni che arrivano da Cuba.
Il nuovo presidente è totalmente nelle mani di Raul Castro. "Il Venezuela ormai è governato da un regime castro-comunista", dichiara Cono Carrano, e aggiunge che gli aerei militari cubani sono già volati a Caracas per sostenere il presidente. Un dovere per l'Avana aiutare il capo di Stato venezuelano, visti i fiumi di petroldollari che negli ultimi anni Hugo Chavez ha sganciato a Cuba per mantenerla in vita.
Ma, adesso, è il Venezuela che rischia di esalare l'ultimo respiro. Il paese è strangolato dalla povertà e dalla criminalità. Solo nel 2013 ci sono stati 24 mila omicidi, e quasi tutti sono rimasti impuniti. I venezuelani si sentono sempre più poveri e sempre più insicuri. Per strada possono ucciderti per un tozzo di pane o una bottiglia di latte.
E tramite i social network, che riescono a eludere la censura, circolano storie dell'orrore. Torture, percosse brutali ai danni di dissidenti del regime, tanto che sembra di leggere le cronache insanguinate del Cile di Pinochet. Ma Nicolas Maduro va avanti e afferma che gli oppositori saranno catturati uno per uno e che verrà fatta giustizia. Altro che Socialismo o muerte. In Venezuela oggi va in scena il Socialismo y muerte. E il mondo tace e sta a guardare.
Un twit di una studentessa di caracas denuncia le torture che sembrano bruciature di sigarette ai danni dei manifestanti da parte della polizia.
 


CONTRO I LEADER
Anche questa volta, come accaduto in passato, Maduro ha puntato il dito contro gli Stati Uniti. Secondo il presidente, il governo americano ha infiltrato alcuni agenti per seminare instabilità nel Paese e realizzare il suo progetto “imperialista”. Per questo ha deciso di espellere tre funzionari dell’ambasciata americana in Venezuela. “Ho dato l’ordine al ministro degli Affari esteri, Elias Jaua… che se ne vadano a cospirare a Washington”, ha detto Maduro.
Contro i leader dell’opposizione venezuelana, invece, il capo di Stato ha annunciato in un discorso televisivo un ordine di arresto nei confronti di Iván Carratú e Fernando Gerbasi. I due sarebbero stati intercettati mentre sostenevano che la manifestazione del 12 febbraio sarebbe stata come quella dell’11 aprile, giorno in cui a seguito di una protesta in cui sono morte 17 persone, le forze armate hanno deposto il presidente Hugo Chávez. Inoltre, un giudice ha autorizzato l’arresto di un altro importante leader dell’opposizione: Leopoldo López. Nonostante la minaccia, López ha detto che domani sarà in prima fila in una manifestazione davanti al ministero dell’Interno e della Giustizia per chiedere la fine delle violenze contro gli studenti.
 Con la morte di Chavez e la malattia di Fidel Castro adesso gli USA tornano all'attacco dunque? non per niente i due leader si sono ammalati che lo stesso presidente del venezuela definiva 'strana epidemia'.Qui vi riporto alcune righe di un altro post fatto da noi qualche mese dedicato a Chavez,a questo link http://globalr-evolution.blogspot.it/2013/10/cia-esperimenti-di-cancro-con-i.html
In una serie di suoi discorsi pubblici Hugo Chavez ha definito come "epidemia" i casi di cancro che stanno colpendo molti presidenti latino-americano, definendo tutto ciò un fenomeno strano ed allarmante. Il cancro ha colpito Chavez in primis, il presidente paraguayano Fernando Lugo, Dilma Rouseff e Lula da Silva (Brasile), Crisitina Fernandez (Argentina),ed anche la malattia di Fidel Castro e' molto strana. Tutti loro sono conosciuti come politici di centro-sinistra che lottano per accellerare il processo di integrazione dell'America Latina e per liberarsi del dominio degli Stati Uniti nell'emisfero occidentale. Chavez ha parlato di imperi che sono pronti a tutto pur di raggiungere i loro obiettivi.
Se prima a manifestare era la borghesia, da sempre in opposizione al regime chavista, ora la protesta si è estesa anche nella classe popolare che rimpiange il presidente scomparso Hugo Chávez.

E questa rivolta in Venezuela secondo voi non ha niente a che vedere con quella Ucraina ? 
E perche' i telegiornali non ne parlano proprio..?!?

Comunque vi lascio con questo video che dimostra solo una parte  della violenza dell'esercito di Maduro nel reprimere i manifestanti,che sa di nuovo ordine mondiale con fucili, pistole e torture !!!










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