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sabato 24 agosto 2013

I 10 maggiori disastri ambientali creati dall'uomo

 E' il noto sito americano Treehugger ad affermarlo, attraverso la stesura di una particolare classifica delle catastrofi ambientali nella quale sono stati citati le più negative "mosse" compiute dall'uomo nei confronti del Pianeta.
1) Questa singolare hit parade del "male" vede al primo posto la guerra.
I conflitti a fuoco sono infatti la principale causa, anche indirettamente, di tante catastrofi. Che si tratti di completare la devastazione operata da armi nucleari o di una pratica antica come spargere sale sulla terra dei nemici sconfitti, la guerra è per sua stessa natura distruttiva. Inoltre, i frutti (negativi) della guerra non si raccolgono solo immediatamente: a tal proposito basti pensare alle sostanze chimiche che ci lasciano in eredità alcuni tipi di armi.Basti pensare alle bombe atomiche,i vari gas ''nervino ecc...',uranio dei proiettili ecc...

Queste scorie producono problemi a noi attraverso malattie e malformazioni, ma soprattutto contaminano per decenni l'ambiente sbilanciando il suo eco-sistema naturale. È un triste fenomeno che ci accompagna purtroppo dalla nascita delle prime civiltà e le cause del suo scoppiare sono sempre le solite: problemi legati all'economia, alla religione, alla conquista di territorio e delle risorse primarie. Sarebbe il caso di ricominciare ad imparare a lavorare insieme per concentrare l'energia e risolvere i problemi a portata di mano, ma come si sa gli interessi dei singoli sono troppo grandi e fino a quando questo sistema chiamato Mondo non imploderà dirompendosi in una crisi lancinante, forse nessuno se ne renderà conto.
2) Al secondo posto troviamo un disastro chimico datato 3 dicembre 1984: Bhopal.
Nella contea di Mavda Pradesh in India, in quel giorno di inizio dicembre vi fu una fuga di pesticidi da una fabbrica della Union Carbide. I morti stimati furono circa 4.000, deceduti in seguito ad una "nebbia mortale" che abbracciò tutta la zona. Più di 50.000 furono, invece, i contaminati che subirono dei gravissimi danni come la cecità, insufficienza renale e malesseri permanentidegli apparati interni. Gli attivisti hanno stimato che nel corso degli anni i morti causati indirettamente dall'incidente chimico furono quasi 20.000. Alcuni studi hanno suggerito insufficienze gravi nelle misure di sicurezza presso l'impianto, compresa la mancanza di valvole di sicurezza per evitare la miscelazione di acqua nelle cisterne, di isocianato e di metile, cosa che ha contribuito prepotentemente alla diffusione del gas tossico.Inoltre, i depuratori per trattare la fuga di gas a quanto pare erano fuori servizio per riparazioni. Union Carbide ha sempre sostenuto nel corso degli anni che l'incidente si poté verificare solo mediante atti di sabotaggio. Quale sia la verità non potremmo mai saperlo, ma il colpevole sì: anche in questo caso l'uomo e la sua irrefrenabile voglia di produzione e consumo.

3) Nel gradino più basso di questo nefasto podio troviamo lo scoppio del reattore nucleare diCernobyl.

Il 26 aprile 1986, in seguito al tentativo di testare una nuova teoria, qualcosa non andò come sarebbe dovuto. Ci fu una reazione nucleare che si incendiò fino ad esplodere diffondendosi ben 400 volte in maniera maggiore rispetto alla quantità di radiazioni della bomba di Hiroshima. Gli stati più colpiti furono Bielorussia e Ucraina, mentre la nube tossica si spinse addirittura fino in Irlanda. I danni ammontarono a 56 morti e oltre 4.000 casi di cancro nel corso del tempo. Oggi fino a 30 chilometri dalla zona non vi è più nulla e l'area è totalmente disabitata (ufficiosamente, però, vi tornarono alcuni ex abitanti che incuranti dei pericoli decisero di ripopolare le loro abitazioni). Intorno alla centrale nucleare di Cernobyl grandi quantità di materiale nucleare sono invece rimasti in "sarcofaghi" in decomposizione continuando ad incitare preoccupazione alla popolazione limitrofa. Ciononostante in Europa c'è ancora una classe politica, tutt'oggi, che vuole il nucleare...

4) Quando si parla di tristi primati, non poteva certo mancare all'appello l'Italia che occupa il quarto posto. E' il 10 luglio 1976 quando una nube di tetraclorodibenzoparadiossina (TCDD) viene rilasciata da una nota fabbrica di pesticidi nel comune di Seveso, nella Brianza.
Circa 37.000 persone furono esposte ai livelli più alti mai registrati di diossina. La zona circostante venne quasi completamente attraversata da una serie di sostanze ritenute tossiche e cancerogene, anche in micro-dosi. Oltre 600 persone vennero obbligate ad evacuare e altre diverse migliaia subirono l'avvelenamento da diossina, evidenziando soprattutto gravi casi di cloracne. Più di 80.000 animali furono macellati per evitare che le tossine potessero entrare nella catena alimentare. L'incidente è ancora in fase di studio e i dati sulle esposizioni della diossina non sono ancora perfettamente decifrabili. Oggi il nome di Seveso è usato di routine nel settore europeo della chimica: è una legge di tutela preventiva. Tutte le strutture che maneggiano e lavorano quantitativi di materiali pericolosi sono costretti ad informare le autorità e a sviluppare e pubblicizzare le misure per prevenire e rispondere a gravi incidenti.

5) Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon(British petrolium)

Il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon è stato uno sversamento massiccio di petrolio nelle acque del Golfo del Messico in seguito a un incidente riguardante il Pozzo Macondo, posto a oltre 1.500 m di profondità. Lo sversamento è iniziato il 20 aprile 2010 ed è terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio che ancora galleggiano sulle acque di fronte a Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, oltre alla frazione più pesante del petrolio che ha formato ammassi chilometrici sul fondale marino.
È il disastro ambientale più grave della storia americana, avendo superato di oltre dieci volte per entità quello della petroliera Exxon Valdez nel 1989[1]. Pertanto, spesso ci si riferisce a questo disastro con l'espressione "Marea nera

6) incontriamo un incidente di una petrolifera: la Exxon Valdez.
Questa petrolifera il 24 marzo 1989, al cui comando c'era il capitano Joseph Hazelwood, si arenò su Prince William Sound's Bligh Reef, versando 40,9 milioni di litri di petrolio greggio sulla costa asiatica prossima all'Alaska. La National Oceanic and Atmospheric Administration ha stimato che oltre 26.000 litri di olio aderiscono tuttora ai fondali oceanici. Questo incidente un beneficio (seppur magro), però, lo portò: da allora il regolamento dei trasporti marittimi mutò, obbligando le società di tutto il mondo ad adottare una nuova tecnologia, molto più sicura, a doppio scafo.


7) Si posiziona al settimo posto, invece, il Love Canal.
E' un'opera mai portata a compimento e sviluppata da William Love (da qui il nome) alla fine del 19esimo secolo: concepita come fonte di energia idroelettrica è situata nei pressi delle cascate del Niagara. Non essendo mai andata in porto, però, la genialità dell'uomo l'ha riadattata come enorme discarica di rifiuti. Fu infatti per circa un decennio teatro di stoccaggio di 21.000 tonnellate di prodotti e rifiuti chimici, compresi clorurati e diossine, da parte dell'azienda americanaHooker Chemicals and Plastics. Nel 1953 la Hooker la vendette, al costo di un dollaro, al Board of Education (città di Niagara Falls, New York) e scrisse nell'atto un diniego della responsabilità di danni futuri dovuti alla presenza dei prodotti chimici sepolti. La zona si sviluppò, venne estesamente abitata, sorsero scuole e servizi. Problemi di strani odori, anche dai muri degli scantinati delle case, sorsero fin dagli anni '60 e aumentarono nel decennio successivo, evidenziandosi anche nell'acqua potabile, contaminata dalla falda freatica inquinata. In seguito avvennero percolazioni fino a portare gli inquinanti nel fiume Niagara, tre miglia sopra i punti di prelievo degli impianti di trattamento acque. Le diossine passarono dalla falda a pozzi e torrenti adiacenti. Nel rapporto federale del novembre 1979 il governo americano indicò che le probabilità di contrarre il cancro da parte dei residenti era di 1/10.


8) E' la Great Pacific Garbage Patch ad occupare l'ottavo posto.
A questo nome corrisponde un vortice marino ad altissima intensità promulgatore di inquinamento e capace di attirare rifiuti e spazzatura. Questo singolare fenomeno galleggia e sta galleggiando nei mari del Pacifico al sud di Giappone e Hawai. La maggior parte dei rifiuti è di plastica ed è oggetto di continui monitoraggi di esperti e studiosi che sperano che, esplorando il fenomeno, possano trovare un modo per risolvere il problema. Tuttavia fino ad ora si è ancora, paradossalmente, in alto mare.


9) posto L'incidente nucleare di Fukushima:
L’11 marzo 2011, il nord-est del Giappone è stato colpito da un violentissimo terremoto di magnitudo 8,9 con epicentro sul fondo marino del Pacifico a circa 500 kilometri da Tokyo. 
Il terremoto è stato causato da un forte sollevamento di una parte del fondale. Si è spostata di conseguenza tutta la massa d’acqua sovrastante, creando uno tsunami, ossia un maremoto, con onde alte circa 10 metri che sono penetrate fino a 10 kilometri nell'entroterra. Le vittime, secondo una prima stima, ammontano a circa 30000. 
A questa tragica conseguenza se ne è aggiunta un’altra: nella prefettura di Fukushima, il terremoto e il maremoto hanno danneggiato gravemente quattro dei sei reattori della centrale nucleare.
La causa scatenante è stata naturale, ma nell'incidente di Fukushima – come in quelli verificatisi nel 1979 a Three Mile Island in Pennsylvania (USA)  e nel 1986 a Chernobyl in Ucraina (URSS) – sono state determinanti le responsabilità umane. 
Anzitutto la scelta di costruire una centrale nucleare in una zona costiera soggetta a tsunami, per di più senza adeguate protezioni.
La società Tepco (Tokyo Electric Power Company), proprietaria dell’impianto, e le autorità giapponesi hanno sottovalutato la forza che può avere uno tsunami, nonostante il fenomeno sia ben noto in Giappone.
La centrale nucleare è stata costruita su una costa alta appena 4 metri sul livello del mare, e protetta da dighe frangiflutti alte poco più di 5 metri, adatte a fronteggiare un tifone, non uno tsunami.
Quando le onde di maremoto alte più di 10 metri hanno investito la costa, i reattori nucleari della centrale sono stati sommersi.
I sistemi di sicurezza si sono rivelati a questo punto insufficienti. Le pompe hanno smesso di funzionare, bloccando il raffreddamento dei reattori, e i dispositivi di riserva non sono entrati in funzione.
In seguito al blocco degli impianti di raffreddamento, si è verificata una serie di esplosioni con fughe di radioattività. Particolarmente pericolose quelle provenienti dal reattore 3, alimentato a Mox, combustibile contenente plutonio.
Il reattore nucleare n. 3 di Fukushima dopo l’incidente. La fuga di radioattività è particolarmente pericolosa, dato che il reattore è alimentato con Mox, combustibile contenente plutonio.
Successive indagini hanno appurato gravi mancanze nel controllo e nella manutenzione di tali sistemi. Secondo quanto ammesso dagli stessi responsabili della Tepco, le valvole della temperatura di un reattore, ad esempio, non erano state esaminate per 11 anni, mentre altre verifiche, presentate come accurate, erano approssimative: 33 pezzi dei reattori non erano stati revisionati.
La situazione è stata ulteriormente peggiorata dal fatto che la Tepco, per ridurre i costi di gestione della centrale nucleare, non ha trasportato altrove le barre di combustibile già usate, ma le ha accumulate all’interno della centrale stessa.
Dato che le barre di uranio o Mox, quando vengono estratte dai reattori per essere sostituite con altre nuove, sono ancora radioattive ed emettono calore, esse devono essere conservate in vasche dove circola costantemente acqua refrigerata. Senza raffreddamento, o peggio senza acqua, la fissione nucleare può riprendere.
Inoltre, secondo il giornale statunitense Wall Street Journal, la Tepco avrebbe consapevolmente rallentato gli interventi per raffreddare con acqua di mare i reattori dov’era in corso la fusione del nocciolo. L’uso di acqua marina può abbassare la temperatura dei reattori, riducendo i rischi di ulteriori esplosioni e fughe radioattive. Allo stesso tempo, però, danneggia i reattori rendendoli inservibili: cosa che la Tepco ha cercato fino all’ultimo di evitare per non subire un’ulteriore perdita economica.
Responsabilità vi sono anche da parte del Governo giapponese e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che hanno cercato in diversi modi di sminuire la gravità dell’incidente nucleare.
Operai e pompieri hanno messo a rischio la propria vita, esponendosi a pericolosi livelli di radioattività nel tentativo di raffreddare i reattori con acqua di mare. Alcuni di loro, lavorando nell’edificio del reattore 3, sono stati contaminati da una radioattività 10000 volte superiore a quella normale. 
Nonostante il loro eroico sforzo, la situazione (alla fine di marzo) appare drammatica. Secondo uno studio commissionato da Greenpeace a Helmut Hirsch, esperto tedesco di sicurezza nucleare, l'incidente alla centrale giapponese di Fukushima avrebbe già rilasciato un tale livello di radioattività da essere classificato di livello 7. Tale livello, in base alla scala INES (scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici), è quello di massima gravità. Finora è stato raggiunto solo nell’incidente di Chernobyl in Ucraina, nel 1986. Ma, mentre a Chernobyl l'incidente ha coinvolto un solo reattore, a Fukushima sono quattro i reattori che rilasciano radioattività.
Particolarmente preoccupanti sono gli effetti che la diffusione di radioattività può avere in un paese ad alta densità demografica come il Giappone: 335 abitanti per kilometro quadrato, che salgono a circa 6000 ab/km2 nell'area metropolitana di Tokyo, distante poco più di 200 km dalla centrale nucleare di Fukushima.
La radioattività in mare di fronte alla centrale di Fukushima risulta migliaia di volte superiore ai livelli di norma: è quindi pericoloso mangiare pesce.
Anche l’acqua potabile di Tokyo presenta una radioattività doppia rispetto al livello normale: è stato quindi consigliato di non farla bere ai bambini.
È stato anche raccomandato di non mangiare verdure provenienti dalle aree contaminate.
È ancora presto per dire quali saranno gli effetti sanitari per la popolazione. Si teme però che essi possano essere gravi.   

L’L’11 marzo 2011, il nord-est del Giappone è stato colpito da un violentissimo terremoto di magnitudo 8,9 con epicentro sul fondo marino del Pacifico a circa 500 kilometri da Tokyo.  Il terremoto è stato causato da un forte sollevamento di una parte del fondale. Si è spostata di conseguenza tutta la massa d’acqua sovrastante, creando uno tsunami, ossia un maremoto, con onde alte circa 10 metri che sono penetrate fino a 10 kilometri nell'entroterra. Le vittime, secondo una prima stima, ammontano a circa 30000.

10)Chiude questa singolare classifica la Mississippi Dead Zone.
Quando uno studio dell'università di Santa Barbara rilevò che il delta del Mississippi era il più sporco del mondo (peggiore di quello del Gange e del Mekong) gran parte della popolazione statunitense ne rimase shoccata. Conseguentemente molte aziende defluirono in altre zone facendo nascere, appunto, una vera e propria zona morta ai piedi del fiume più grande d'America. Alcuni studiosi hanno affermato che, volendo risolvere il problema, si deve innanzitutto ridurre del 45% l'azoto in modo da non continuare a distruggere la vegetazione presente e sperare che l'ecosistema limitrofo possa tornare tale.

Alessandro Ribaldi
Giuseppe Zito    



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